Lezioni di Burlesque

con Vivì La Gloire e Claudia D’Angelo
Una saletta raccolta; un ‘insegnante bizzarra; un’alunna che oscilla tra il seducente e lo stralunato e un pubblico direttamente coinvolto, questi gli ingredienti dello spettacolo/lezione all’Accento Teatro.
Circa un’ora di divertimento e auto ironia, condito dalla bellezza dei costrumi e il sapiente mix di colori.
Viene ripercorsa la storia che ha fatto grande l’arte del burlesque e, come in tutte le lezioni che si rispettino, non manca l’insegnate che fa le interrogazioni a sorpresa con tanto di dimostrazione .
La regola di come togliere il corpetto;la regola di come togliere la guepiere; la regola di come togliere le scarpe e, la regola delle regole : Divertirsi seducendo!
Chi vi scrive, ne ha viste di lezioni interessanti, ma mai divertenti (e utili) come questa!
…una risata vi sedurrà!

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E Tu mi parli di “Albe” dorate!

“S.S” la sindrome di Stoccolma nei lager nazisti

testo e regia di Mariaelena Masetti Zannini
direzione artistica e installazioni Sylia Di Ianni
in scena al Teatro dell’Orologio dal 4 al 10 Febbraio

con Simonetta Lein, Diego Bottiglieri, Giulia Morgani, Laura Gigante, Enza Li Gioi, Illebas Olrac, Fabio Pinna, Flaiano Fiocchi, Sylvia Di Ianni e Mariaelena Masetti Zannini.

Un incubo, o forse un sogno. Un ricordo. Uno spaccato schizzofrenico di una delle peggiori pagine della storia.
Attraverso l’onirico ricordo di una sopravvissuta, lo spettacolo, ci porta indietro al 1943 durante la presa degli ebrei al Portico d’Ottavia, da qui vengono ripercorse attraverso ricordi che diventano tableax vivant, tutte le nefandezze dei famosi “blocchi di prostituzione” .
Passaggi drammatici fatti di farfalle e di giochi tra piccoli bambini non ariani, un clima spietato e assurdo, tanto assurdo da legare, seppur in modo labile, vittime e carnefici.
L’atmosfera è tetra e a tratti folle, come folle è la pagina in questione.
Le immagini sono forti e tengono il pubblico con gli occhi sgranati.
Siamo dentro la scena, siamo vittime ma siamo anche carnefici.
Chi vi scrive, uscendo dalla sala ha avuto un brivido, di quelli tipici delle albe dorate, ed è tornata a casa sentendosi addosso una grossa responsabilità, poco chiaro per cosa, ma comunque una grossa responsabilità.

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“Liberaci dai peccati, amen”

Affettuoso e Doloroso è questo “Fratellini”.
Affettuoso, come prendersi cura di un fratello minore; Doloroso come saperlo così malato che nessuono vuol toccarlo;
Affettuoso come il portargli “la medicina”; Doloroso come il fatto che questa medicina doveva essere presa prima…prima;
Affettuoso, come un aquilone che rallegra l’atmosfera e distrae l’attenzione; Doloroso, come il fatto che l’atmosfera è quella di un ospedale e che l’attenzione si concentra sul fatto che l’aquilone lo si può attaccare solo all’albero di una flebo;
Affettuoso, come i gesti di un fratello maggiore che pulisce dai peccati il fratello minore, scandendo i propri gesti attraverso le litanie della messa; Doloroso come la nudità che diventa simbolo di vergogna, di perdita di dignità…di difetto sociale.
Affettuoso, come la volontà di aiutare qualcuno a portare un peso; Doloroso come il veder morire quel qualcuno piano piano ogni giorno di più.
Affettuoso come quei gesti; Doloroso come il pugno che “chi vi scrive” ha ricevuto in pieno stomaco.
Affetto e Dolore : proprio come dei “fratellini”.

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Il Volo delle Farfalle- La scomparsa di Emanuela Orlandi

Il Volo delle Farfalle- La scomparsa di Emanuela Orlandi
Testo di Federica Festa e Matteo Festa
Interpretato da Federica Festa
“permesso? Vi racconto un mistero!”
Ospitato presso il teatro Le Maschere zona trastevere, nel cuore di una Roma ricca di misteri e intrighi, una performance di teatro sociale incanta per circa un’ora e mezza il pubblico.
Un pubblico che vorrebbe tanto che la vicenda fosse il frutto della fantasia di un autore di gialli, oppure di teatro dell’assurdo. Si spera sempre nell’arrivo di un “Montalbano” ; di un “Coliandro” o di un tarantiniano “Mr Woolf” , qualcuno, insomma, che risolva problemi.
Ma non è così, l’intricatissina vicenda che ci “raccontano” è quella di una cronaca molto recente della Storia della nostra Italia degli ultimi trentanni.
La vicenda si intreccia tra misteri di un Vaticano sempre più temporale e meno spirituale; la Banda della Magliana; gli scandali del Banco Ambrisiano e soprattutto la scomparsa di una giovane ragazza che, flauto a parte, non si sa che fastidio potesse recare o meglio è quello a cui è stata portata l’opinione pubblica in anni di depistaggi.
I passaggi importanti di questa storia vengono messi in scena da una poliedrica Federica Festa che veste i panni de La Suora insegnante di flauto della giovane, La Sorella e una Venditrice di souvenir del colonnato di San Pietro.
Le tre donne raccontano i fatti secondo le loro visioni prospettiche, incredibilmente coinvolte, dalla più vicina alla più lontana, in uno dei più grandi arcani di questi nostri anni.
La Suora che si morde la lingua tra ciò che pensa, ciò che ha sentito dire e ciò che “non può dire” ; la Venditrice andata in rovina a causa dello storico crack del Banco Ambrosiano e a fare da collante a tutto ciò la solitudine della famiglia impersonata nella Sorella di Emanuela.
Uno spettacolo dai toni arrabbiati ma non troppo, uno spettacolo che non da risposte ma solo altre domande ,uno spettacolo che è impegno ma anche performance artistica senza sbavature.
Chi vi scrive è davvero felice di aver assistito a un “lavoro” che mette in scena un dramma umano di questa rilevanza , senza però farne merce per showbiz; la solita differenza, insomma, tra chi chiede permesso prima di entrare e chi ci butta giù la porta di casa e si siede a prender il caffè con noi la domenica pomeriggio.

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“Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”

Un laboratorio dal sapore della rimembranza, ma anche a sostegno delle giuste cause.
Ancora il Nuovo Cinema Palazzo combatte le lotte e sostiene quelle degli altri usando le armi che conosce meglio : l’auto organizzazione attraverso la cultura.
È il caso di andare con ordine, soprattutto per chi non conosce le situazioni “fuori dai circuiti ufficiali” .
Qualche settimana fa viene organizzato dal Cinema Palazzo un laboratorio teatrale e di scrittura, composto da non addetti ai lavori, il laboratorio si prefigge l’ambizioso obbiettivo di raccontare attraverso un “sogno” le vicende di uno degli storici quartieri della capitale, San Lorenzo.
Lo spaccato che viene scelto è quello della guerra; della fame; delle bombe e dei Partigiani, ma soprattutto la voglia di non smettere di aiutarsi nonostante la situazione critica del periodo di guerra e occupazione.
A coordinare i lavori di questo progetto nomi importanti come Ferdinando Vaselli; Alessia Berardi e Sebastiano Forte , rispettivamente Sceneggiatore, Attrice e Musicista.
Dopo pochi giorni (una settimana) viene fuori uno spettacolo che vuole solo essere un saggio finale ma ne risulta una commovente rappresentazione di quel sogno nel quale si son riconosciuti : Franca la Partigiana; Adele instancabile voce narrante di un quartiere che non perde mai la sua identità e “Mario” nuovo volto della solidarietà del duepuntozero.
Adesso come nel ’43 le lotte non sono ancora finite.
Si sceglie di replicare il “sogno di San Lorenzo” presso lo studentato occupato De Lollis, a sostegno della causa portata avanti dagli studenti che rivendicano il loro diritto agli alloggi conquistati grazie ai requisiti previsti per l’attribuzione degli stessi.
San Lorenzo, ancora una volta, non gira le spalle a nessuno.
A questo punto è naturale chiedersi quale sia la ragione che lega il Cinema Palazzo con il De Lollis, è presto detto : il cinema Palazzo è stato strappato al rischio di essere trasformato in un casiNò ; il De Lollis è il simbolo attraverso cui si combatte il tentativo di trasformare alloggi destinati a studenti, in appartamenti di normale business immobiliare.
Tra gli striscioni della manifestazione di sabato 24 novembre campeggiava la scritta “ la cultura ve se magna” , chi scrive si sente di aggiungere “…e se è necessario vi sostiene”.

sunday morning

Mi sono chiesta quale sia la prima cosa che si fa poco prima di svegliarsi, intendo : quale sia l’ultimo gesto di sonno che compiamo prima di entrare nel reparto degli svegli.
Ho capito che, per quanto riguarda il mio saluto alle lenzuola, si tratta di un sospiro.
Un sospiro, che è insieme preparatorio a ciò che saranno le eventuali sorprese, non sempre belle, della giornata che sta cominciando; ma anche una sorta di addio a un momento che, è stato bello, ma non sappiamo quando tornerà.
Una cosa straziante come : “ti lascio perché ti amo troppo”.
Un sospiro che unisce due mondi e che spiega tutto più di mille parole.
A pensarci anche la morte saluta la vita con un sospiro. Lapalissianamente prima di morire siamo tutti ancora vivi, ergo l’ultimo sospiro sarà lì fino all’arrivo della signora con la Falce e in quel momento sarà come dare un bacio al contrario alla Vita.
È dolce il pensiero che ci saluteremo così.

sogno di una notte di metà ottobre

Le onde si infrangono contro gli scogli, il rumore la sveglia, ma ciò non la infastidisce.
L’odore di caffè abbraccia il suo naso mentre solleva la testa dal cuscino.
Le imposte del balcone aperte lasciano spazio alle urla dell’ambulante in strada che, come ogni mattina, canta e decanta la bellezza delle melanzane, il rosso del pomodoro il profumo dei limoni etc etc..
Gli occhi ancora socchiusi le permettono di vedere una tazzina di caffè fluttuante nell’aria giungere verso di lei e attaccato alla tazzina c’è un braccio e attaccato a quel braccio quel Lui di cui non ha mai conosciuto l’identità.
Tutto intorno è pace, la percezione di un attimo infinito da qualche parte nel mondo.

Suona la sveglia, devo andare.

Non sono sicura di aver capito

Da quando ho cambiato città , sei anni orsono, so di aver cambiato tutto : prospettive, punti di vista contatti, modalità di approccio e via discorrendo. Dalle abitudini agli atteggiamenti.
Nonsono sicura di aver capito se si tratti di evoluzione o involuzione.
Non sono sicura che quella fosse “ingenuità” e quella che ho oggi “furbizia” ; non sono sicura se quella fosse “arretratezza” e questa “modernità”.
Quando arrivai qui mi capitò di trovarmi in discussione con un tipo partenopeo, uno dei primi che conoscevo in questa città, e parlando gli dissi che proprio in quei giorni ero incappata in un libro di una sua concittadina, tale Anna Maria Ortese, il libro in questione era “il mare non bagna Napoli”, Lui mi derise a più non posso dandomi anche dell’ignorante. Rimasi paralizzata da tanta mediocrità, mediocrità a cui non ero per niente abituata. Il posto da cui vengo io pretente che tu conosca vita morte e miracoli del concittadino illustre, anche sei poi sei analfabeta!
Non avevo considerato che il mondo non andava misurato con la scala del mio paese.
A distanza di anni ho imparato che molti discorsi è meglio evitarli con le persone che non conosci perché , per quanto siano alti e colti, c’è il rischio che sia tu a fare la figura del deficiente.
Poi mi fu suggerito anche vivamente e con affetto da un’amica, che mi illuminò sul mio percorso da single sostenendo che sarebbe opportuno tenersi certi argomenti tediosi ben per sé o, tutt’al piu, tirarli fuori in quei circoli culturali per insegnanti in pensione, se volessi abbandonare detto percorso.
Poi mi capitò anche di parlare con la mia gente, persone con le quali comunque sono riuscita a mantenere i contatti e con cui mi sento legata da un qualcosa che trascende dal senso di appartenenza. In alcune occasioni ho sentito di non parlar più la stessa lingua. Molte cose che per me oggi sono inaccettabili per molti sono all’ordine del giorno, ma anche viceversa.
Anche un rapporto tra due persone ha contorni e valori diversi.
Non sono sicura di poter esprimere un giudizio su quale sia il posto migliore per me, ma una cosa l’ho capita che è sbagliato provar vergogna per ciò che hai dentro, a prescindere da dove tu lo abbia imparato e da quanto il tuo auditorio lo condivida.

“spero che tu possa sopportarmi perché è difficile farlo da soli” [op.cit.]

La crisi misurata da una cittadina mediamente inorridita

Mi sono sempre considerata una persona molto sensibile ai fatti che mi circondano.
Voglio dire : quando guardo un tg o un programma di approfondimento sull’attualità e viene fuori il discorso della crisi o di un operaio che protesta dalla cima di un tetto o di un lavoratore che rischia di essere buttato in mezzo a una strada, davvero mi va in pezzi il cuore. È un dolore che mi cuoce dentro è qualcosa di quasi inconsolabile e nessun pensiero positivo, per quanto positivo, riesce a tirarmi su.
Poi mi guardo in giro e cosa vedo? Mediocrità.
Una classe politica che se ne infischia, fuori dai riflettori e dai comizi, della gente normale.
A “sbafo” organizza le feste, le orge, i festini, le gare di bunga bunga, fregandosene sia del decoro che della situazione in cui versa la gran parte degli italiani.
Un Ministro che piange nel pronunciare la parola “sacrificio” non aiuta di certo a sentirsi meno soli.
Faccio una passeggiata per le strade di questa incantevole capitale e l’occhio cade sui locali di lusso, quelli dove si entra solo con il nome su una ferrea lista. Lista che io immagino sempre chiusa con cera lacca in una busta con arrecante il simbolo della P2.
Mi sento sola, mi sento povera, mi sento senza futuro e soprattutto che questa situazione non è destinata a cambiare né per me né forse per i miei figli, metto anche in discussione il fatto stesso di averne di figli,. Poi però penso che No!
Non sono sola, perché non sono l’unica ad essere precaria laureata con un lavoro che non ho scelto.
Non sono povera, è solo che non ho saputo rubare come hanno fatto altri, e per fortuna non sono l’unica!
Non sono senza futuro, fin quando avrò la forza di cambiare potrò sperare di guadagnarmi un futuro migliore e poi posso sempre andar via ogni volta che voglio!
Non è destinata a cambiare, non è detto!
…i miei figli, se arriveranno ci penserò.
Mi viene in mente che molti posti non sono altro che feste piene di gente imbucata. Quelli che sono lì e arraffano, scroccano, accattonano.
Quelli che fanno l’aperitivo con un bicchiere di prosecco a 8 euro e poi si fanno cinque piattini di buffet da potersi sentire “mangiati” anche per la cena e se è possibile pure per la colazione, poi, tirando fuori l’iPhone dalla Luis Vuitton, chiedono pure lo sconto in cassa.
Io l’iphone non ce l’ho e neanche la Luis Vuitton ma non per questo mi sento più pezzente di altri, non foss’altro che lo sconto in cassa non l’ho mai chiesto a nessuno.
Si cerca di vivacchiare, i problemi non si risolvono stando chiusi in casa al buio per risparmiare la corrente. Usciamo, beviamoci su!
Posto carino , locale medio dove, come in quasi tutti i posti, si tiene l’aperitivo dalle 19.00 alle 21.00. Formula 9 euro + buffet. Arrivo dopo le 21.00, da mangiare non è rimasto niente, ma ho sete, prendo una birra di quelle ignoranti, senza fare nomi, purchè mi tolga la sete. Casssa, pago : 9 euro, esattamente come avevano fatto i miei amici che avevano anche mangiato perché arrivati prima di me.Non protesto, gli affari sono affari e io rispetto le scelte de “la direzione” che si “riserva il diritto di..”.
Altro giorno, altro posto. Quei posti dove mi sento a mio agio, dove non guardano se ho abbinato bene la cintura con le scarpe e se il mio telefono ha il touch screen oppure no, uno di quei posti dove ci sono persone che non hanno l’account su fb ma sanno cosa c’è a teatro, per cosa si raccolgono le firme in piazza e quali sono le proposte dei referendum etc etc..,; in un contesto cosi io ho fame, tanta fame , entro in una delle miriadi di pizzerie a taglio dell’ameno, quartiere,intellettualoideradicalchiccomunistaanticlericalezecca lo dico io così saltiamo i convenevoli e le solite critiche sterili, era finito tutto!
Niente, niente; solo un triangolino di pizza rimasto abbandonato e infreddolito sull’ultimo piatto prima della chiusura. Il pizzaiolo comprende la mia fame e mi dice di essere costernato, mi suggerisce dove poter trovar ristoro e intanto mi regala quel pezzo di pizza : “ti offro questo, intanto” insisto nel volerglielo pagare, lui insiste nel volermelo “offrire” . Vince lui. Vince, quella che chiameremmo : Normalità.
Episodi come questo mi danno la misura del fatto che non siamo del tutto dei cani l’un contro l’altro.
Penso che esistano ancora dei posti e delle persone che non abbiano venduto l’anima a nessuno.
Persone che, proprio perché sono rimaste estranee ai luoghi del potere, sono rimaste genuine.
Non amo il populismo , ma non ho paura di sapere che qualcuno sintetizzerebbe tutto questo come “antipolitico”. Antipolitico non è una parolaccia, non è una piaga di Cristo è semplicemente il sentimento che accomuna chi , come me, è stufo. Ma è soprattutto un sentimento che si è generato da un altro sentimento generato da una certa categoria verso un’altra : il disprezzo .

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Sognando il cinema

Qui dopo tanto , tantissimo tempo. Come tutte le mie passioni, anche questa, son finita per trascurarla. “è intelligente, ma non si applica” questa è stata la canzone intonata dagli insegnanti durante tutta la mia carriera scolastica; povera mamma!
La costanza non è mai stata il mio forte: dai rapporti sentimentali alle amicizie; dagli Hobbie al lavoro, tutte cose che mi hanno sempre deluso. Quando tocchi il cielo e poi bruscamente precipiti , tanto sei più in alto, maggiore sarà il dolore che sentirai nell’urto. Meglio evitare di salire a una quota troppo alta. Volare bassi, per non perdere il contatto con il mondo reale. Ma vorrei tanto essere una di quelle protagoniste dei film : sognare, non pensare, infilare la mano in un sacchetto per sentire tra le dita la freschezza e la curiosità delle lenticchie, scattare delle foto a uno gnomo e trovare, quando meno me lo aspetto, il mio Nino e andare in giro in motorino con lui che guida e io seduta comunque davanti. Io la sua principessa, lui il mio principe in questa jungla d’asfalto…musica che sfuma : the end.
Solo un sogno, almeno quello.
Oppure avere il mondo ai piedi : cimentarsi in qualsiasi cosa ed avere successo, finire in un villaggio magico dove ti rubano le scarpe per appenderle a un albero, contattare i fiorai di cinque stati per amore, e finire in un lago come un Grande Pesce.
Qualche sogno, solo questo.